Così rinforzi il pavimento pelvico

È una zona “strategica” del corpo femminile. Un muscolo, o meglio un insieme di muscoli, che andrebbe tenuto in allenamento in ogni fase della vita, ma soprattutto durante la gravidanza e nel post parto, per garantire al feto il necessario “supporto” e prevenire problemi in incontinenza. Parliamo del pavimento pelvico o perineo. Ma dove si trova questo muscolo? Che funzioni ha? E soprattutto cosa si può fare per mantenerlo al meglio? Lo abbiamo chiesto al dottor Roberto Marzii, ginecologo, e alla dottoressa Monica Vitali, ostetrica, riabilitatrice e consulente sessuale.

Cos’è e a cosa serve questo muscolo?

Il pavimento pelvico è un insieme di strati di legamenti e muscoli posti alla base della cavità addominale/pelvica, indispensabile per il sostegno di uretra, vescica, intestino e, nella donna, dell’utero, che si estendono come un’amaca partendo dall’osso sacro (dietro) fino all’osso pubico (davanti). Per dare meglio l’idea è la zona anatomica che appoggiamo al sellino quando andiamo in bicicletta. Questi muscoli, troppo spesso ignorati, svolgono un ruolo importante per garantire la continenza urinaria e fecale e contribuiscono a rendere la sessualità più soddisfacente. Questo vale per tutti i momenti della vita, ma ancora di più durante la gravidanza, una fase molto delicata per questo muscolo. Oltre alle variazioni ormonali, in particolare l’aumento del progesterone che fa diventare più rilassate tutte le strutture del nostro corpo, infatti durante la gravidanza si ha uno spostamento del baricentro dovuto al cambiamento di peso e di forma. Ne consegue che molti muscoli e legamenti devono esercitare uno sforzo più intenso per mantenere il corpo in postazione eretta. Tutto questo può provocare delle disfunzioni sia a livello pelvico (stitichezza, diarrea, incontinenza, etc), sia a livello della colonna vertebrale (mal di schiena, sciatalgie, dolore alle articolazioni) . Questi sintomi possono essere prevenuti o arginati con un corretto stile di vita e con un adeguato allenamento o con una corretta e tempestiva rieducazione-riabilitazione.

Mantenerlo in forma è utile anche per il buon esito della gravidanza?

Assolutamente sì. Più il pavimento pelvico è allenato e sano, meglio può assolvere al suo ruolo durante la gestazione, ovvero tenere “chiuso” il corpo della donna affinché possa portare a compimento lo sviluppo del bambino fino al momento della nascita, aiutare l’organismo a far fronte al crescente peso del nascituro. Nelle ultime fasi del parto vaginale, invece, aiuta a sviluppare la capacità di controllo dei muscoli, a partorire più facilmente e a ridurre le probabilità di lacerazioni del pavimento durante il parto. Ha quindi una doppia funzione: contenere e lasciar uscire. Un pavimento pelvico allenato e tonico, poi, è importante anche nei primi mesi dopo il parto: i muscoli e i tessuti della zona pelvica, “stirati” per permettere il passaggio del bimbo nel canale da parto, avranno bisogno di minor tempo per tornare ad avere la stessa funzionalità di prima della gravidanza e si riprenderanno più in fretta. Se invece non si è fatto nulla per allenarlo durante la gravidanza i tempi saranno più lunghi ed è possibile che si manifestino disturbi come incontinenza urinaria e fecale, di gas, dolore pelvico. Non a caso, per quanto riguarda in particolare l’incontinenza, gli esperti raccomandano che gli esercizi per il pavimento pelvico dovrebbero essere una componente standard pre e post-parto. L’effetto positivo di un pavimento pelvico in forma comprende anche la sfera sessuale, perché si possono ottenere un’ottima capacità di controllo sull’orgasmo e una maggior consapevolezza sulla funzionalità del proprio apparato genitale, anche dopo il parto. Questa zona, infatti, è anche il punto delle sensazioni ed emozioni più profonde della donna. Infine, se è flessibile e attivo garantisce anche un fisiologico apporto di sangue e nutrimento della mucose genitali e aiuta quindi a prevenire cistiti ricorrenti, vaginiti e secchezza vaginale.

Cosa si può fare per allenarlo o rieducarlo?

Esistono alcuni esercizi specifici, detti di Kegel dal ginecologo che li ha inventati, che si sono rivelati efficaci sia nell’“allenare” sia nel riabilitare i muscoli del pavimento pelvico. Per quanto riguarda la prevenzione è importante iniziare a farli il più presto possibile, dalle primissime fasi della gravidanza fin dopo il parto. Se, invece, non si è fatto nulla durante la gravidanza e si manifestano problemi come l’incontinenza (che perdura oltre i primi 4-6 mesi dopo il parto, periodo durante il quale è di solito difficile avere una buona propriocezione della zona pelvica) è meglio non aspettare sperando che il problema si risolva da solo, ma intervenire per ripristinare la corretta tonicità muscolare pelvica, rivolgendosi a uno specialista e ostetrica-riabilitatrice qualificati che dopo un’adeguata valutazione e diagnosi sapranno pianificare la riabilitazione più idonea per la risoluzione dei disturbi.

Il pavimento pelvico va preservato con molta attenzione

Il pavimento pelvico è una zona «strategica» del corpo femminile. Un insieme di muscoli che andrebbero tenuti in allenamento in ogni fase della vita. Può infatti indebolirsi, o al contrario contrarsi in mancanza di attenzione specifica, fino a quando subentrano i disturbi, talvolta minimi, altre volte invalidanti. «La zona pelvica è sempre sollecitata non solo quando ci muoviamo, ma anche durante la minzione, l’atto sessuale, quando evacuiamo e non ultimo anche solo come respiriamo» spiega la dottoressa Monica Vitali, ostetrica riabilitatrice che da anni si occupa delle disfunzioni del pavimento pelvico e che da gennaio collabora con la smart clinic «Corpore Sano» di Stezzano. «Durante i cambiamenti della vita di una donna, se non preserviamo il perineo, possiamo andare incontro a un ipotono o lassità di questi tessuti che causano patologie come prolassi, incontinenza (urinaria, gas, fecale) o, al contrario, un tono eccessivo chiamato ipertono, causato ad esempio da una postura scorretta o da un vissuto negativo del parto o da una relazione sessuale insoddisfatta, che porta ad avere dolore durante i rapporti sessuali, creando così un circolo vizioso del dolore pelvico cronico. I fattori che possono modificare il perineo sono la gravidanza, il parto, la menopausa, ma anche stitichezza, sovrappeso, sollevamento di pesi, tosse prolungata, interventi chirurgici. Con le conseguenze che ne derivano, sia personale, sia di coppia».

Cerchiamo allora di conoscere meglio questo muscolo così importante e la sua funzione … «Il pavimento pelvico è un insieme di strati di legamenti e muscoli posti alla base della cavità addominale/pelvica, per dare meglio l’idea è la zona anatomica che appoggiamo al sellino quando andiamo in bicicletta. Questi muscoli, svolgono un ruolo importante per garantire la continenza urinaria e fecale e contribuiscono a rendere la sessualità soddisfacente. Una buona presa di coscienza della zona pelvica aiuta a ridurre le probabilità di lacerazioni del pavimento durante il parto. Questa zona, infatti, è anche il punto delle sensazioni ed emozioni più profonde. Infine, se è flessibile e attivo garantisce anche un fisiologico apporto di sangue e nutrimento della mucose genitali e aiuta quindi a prevenire molti disturbi come le cistiti, vaginiti e la secchezza vaginale ».

Cosa si può fare per allenarlo o rieducarlo? «Come prima cosa l’importante è sapere dell’esistenza, ma ancor più di come poter reclutare questi muscoli per tonificarli o per rilassarli facendo una contrazione e rilascio attivo. Il compito del terapista è rimetterli in una condizione di normotono, il compito del paziente è mantenerli ed è importante imparare e capire come fare. In gravidanza la zona pelvica subisce modificazioni: l’aumento di peso spinge sul pavimento pelvico stirando la muscolatura e anche durante il parto le fibre muscolari vengono ulteriormente stirate dalle spinte materne per consentire la nascita, per questo è importante un’adeguata riabilitazione pelvica per una buona ripresa della funzionalità. Il lavoro che viene effettuato con la terapista è di propriocezione e presa di coscienza, fisiochinesi, biofeedback, elettrostimolazione. È inutile aspettare sperando che il problema si risolva da solo, rivolgendosi ad uno specialista qualificato che tratta i disturbi pelvici, dopo un’adeguata valutazione, potrà consigliare un adeguato trattamento».

Allattamento al seno, istruzioni per l’uso Il latte materno è l’alimento ideale per la salute psico-fisica.

E non solo del bambino In Italia è stata da poco celebrata (dal 1 al 7 ottobre) la 20° Settimana dell’Allattamento al Seno. Obiettivo: ricordare l’importanza di questa antica pratica per la prevenzione di numerose malattie e la riduzione della mortalità infantile. «Si tratta di un’iniziativa importante per la salute di mamme e bambini che risponde all’esigenza di informare e “formare” le donne sull’allattamento al seno» sottolinea la dottoressa Monica Vitali, ostetrica. «Nonostante i provati e chiari vantaggi dell’allattamento materno infatti, ad oggi, solo il 39% delle mamme allatta al seno. E spesso non per mancanza di volontà, ma perché, una volta tornate a casa si ritrovano da sole ad affrontare mille difficoltà e compiti, tra cui anche il più importante e vitale: imparare a nutrire il proprio cucciolo, ad allattarlo al seno e a farlo correttamente».

Perché è così prezioso il latte materno?

Lo è per le sue caratteristiche uniche, per la sua continua disponibilità alla temperatura ideale, e quindi per la salute fisica del piccolo. Perché la sua produzione ha molti e importanti risvolti sulla salute fisica della mamma. E anche per gli importantissimi effetti dell’intima relazione che si instaura tra mamma e bimbo sulla salute emotiva di entrambi e sulla crescita serena ed equilibrata del nuovo nato. In particolare il latte materno contiene, in proporzioni diverse, acqua, proteine, grassi, sali minerali e molte altre sostanze, in quantità minori, come ormoni e fattori di crescita. È un cibo altamente digeribile, a basso contenuto di proteine e minerali per evitare di sovraccaricare l’apparato digerente, il fegato e i reni, ancora immaturi, ma ricco di energie facilmente assimilabili (fornite dal lattosio) per sostenere la rapida crescita dell’apparato neurologico, così come di grassi insaturi, indispensabili alla formazione delle membrane cerebrali. La sua composizione varia nel corso dell’allattamento a seconda delle esigenze del neonato: dal colostro (il primo latte, ricchissimo di immunoglobuline, con il quale la madre trasmette le proprie difese immunitarie al figlio), si passa al latte di transizione e poi al latte considerato maturo. Il latte cambia anche durante la poppata, arricchendosi di grassi man mano che il seno si “svuota”. Questo permette al bambino di autoregolarsi: per soddisfare la sete, farà poppate brevi e superficiali, per giungere alla sazietà e crescere, farà invece poppate più lunghe, ottenendo così latte più ricco.

E per la mamma, quali sono i benefici?

L’allattamento al seno e la lattazione favoriscono un più precoce e sereno passaggio attraverso la fase post-partum, una più rapida involuzione uterina e un più veloce ritorno al peso di prima del parto. Inoltre riducono il rischio di tumore a seno, ovaie ed endometrio e di osteoporosi in menopausa.

Alcune donne, però, almeno all’inizio hanno difficoltà. Quali consigli dare?

Il segreto più importante è far attaccare bene il bambino, fin dai primissimi giorni, seguendo alcuni accorgimenti: la mamma dovrebbe trovare una posizione comoda che le permetta di fare una lunga poppata; il bambino deve essere attaccato al seno solo quando la sua bocca è ben aperta; il suo corpo deve essere rivolto verso quello della madre pancia contro pancia e deve essere in asse orecchio-spallaanca; il naso del bambino deve essere all’altezza del capezzolo. La prima poppata deve awenire subito dopo il parto e proseguire a intervalli frequenti nei primi giorni (ogni due ore o meno), durante i quali è necessario favorire quanto più possibile il contatto pelle a pelle tra mamma e bambino, facendosi aiutare dal personale esperto presente in ospedale durante la degenza e da altri esperti presenti su territorio, se necessario, dopo il ritorno a casa. L’allattamento poi dovrà continuare a essere frequente nel primo mese di vita.

E come fare a capire se il bambino è attaccato bene?

La bocca è completamente spalancata “a mo’ di sbadiglio”; il labbro inferiore è rivolto verso l’esterno, le guance sono paffute; il mento del bambino è attaccato al seno; nella posizione a culla, l’orecchio, la spalla e l’anca del bambino sono in asse tra loro; la lingua awolge la parte inferiore dell’areola (la parte intorno al capezzolo) come un cucchiaio; può essere visibile una parte dell’areola superiore e, a volte, una piccola parte di quella inferiore che si trova nella bocca del bambino; la suzione, all’inizio rapida, diventa poi lenta e profonda, con pause per la deglutizione; la madre non sente dolore durante la poppata.

E se si nutre in modo adeguato?

Mangia almeno 6/8 volte al giorno; si sente la deglutizione, da sveglio; ha un buon tono e la pelle sana; bagna 6 o più pannolini al giorno con urine chiare; recupera il peso della nascita in l O giorni e poi cresce circa 150 galla settimana; i seni della madre sono pieni prima della poppata e soffici dopo.

Ma ci sono casi in cui l’allattamento al seno è sconsigliabile?

Sì, quando la madre soffre di patologie come infezione da HIV, epatite acuta, malattie severamente debilitanti, cancro al seno, herpes simplex al capezzolo, assunzione di farmaci, alcolismo, tossicodipendenza. In alcune circostanze può essere necessario ricorrere al latte “tirato”, cioè aspirato dalla mamma e fornito attraverso biberon, prestando particolare attenzione Ila conservazione (ad esempio usando un contenitore di vetro o di plastica con possibilità di coperchio, conservando con etichetta e data etc.). In altre circostanze invece è necessario ricorrere al latte artificiale.

LE 10 REGOLE DI UNICEF E OMS

  1. Definire un protocollo scritto per l’allattamento al seno da far conoscere a tutto il personale sanitario.
  2. Preparare tutto il personale sanitario per attuare compiutamente questo protocollo.
  3. Informare tutte le donne in gravidanza dei vantaggi e dei metodi di realizzazione dell’allattamento al seno.
  4. Mettere i neonati in contatto pelle a pelle con la madre immediatamente dopo la nascita per almeno un’ora e incoraggiare le madri a comprendere quando il neonato è pronto per poppare, offrendo aiuto se necessario.
  5. Mostrare alle madri come allattare e come mantenere la secrezione lattea anche nel caso in cui vengano separate dai neonati.
  6. Non somministrare ai neonati alimenti o liquidi diversi dal latte materno tranne che su precisa prescrizione medica.
  7. Sistemare il neonato nella stessa stanza della madre (rooming- in) in modo che trascorrano insieme 24 su 24 durante la permanenza in ospedale.
  8. Incoraggiare l’allattamento al seno a richiesta tutte le volte che il neonato sollecita nutrimento.
  9. Non dare tettarelle artificiali o succhiotti ai neonati durante il periodo dell’allattamento.
  10. Promuovere la collaborazione tra il personale della struttura, il territorio, i gruppi di sostegno e la comunità locale per creare reti di sostegno a cui indirizzare le madri alla dimissione dall’ospedale.

Gli effetti collaterali? Pochi e superabili

L’allattamento al seno, a volte, può procurare qualche problema alla mamma. Si tratta di problemi che si risolvono e non impediscono di proseguire, come l’ingorgo, l’ostruzione del dotto, la mastite, i capezzoli dolenti e le ragadi al capezzolo. Ricorrendo all’aiuto di persone competenti (ostetriche esperte, membri dell’AICPM (Associazione Italiana Consulenti Professionali Allattamento Materno) e professionisti IBCLC (Consulente Professionale in Allattamento Materno) si possono affrontare serenamente e trovare le soluzioni più efficaci.

Ginnastica anche prima di intervenire

Il rischio in caso di interventi di emorroidectomia o prolassectomia su un pavimento pelvico in cattive condizioni? «Che l’intervento venga eseguito correttamente, ma che il problema possa più avanti ripresentarsi o, comunque, che un paziente si ritrovi con altri problemi, magari anche più invalidanti». Lo dice il dottor Gianluca Arrigoni, responsabile del centro di colonproctologia della Casa di cura «Don Luigi Palazzolo» di Bergamo. «Prima di intervenire chirurgicamente su patologie del tratto ano-rettale, è già prevista in numerose linee guida la necessità di valutare con attenzione le condizioni degli anelli e dei fasci muscolari del pavimento pelvico. E, quando viene ritenuto necessario, ricorrere a tecniche riabilitative e rieducative che rinforzino la tenuta di questi fasci muscolari, prima ed eventualmente anche dopo l’intervento». Ciò significa che i muscoli troppo sollecitati con il tempo possono cedere nuovamente, creando magari problemi invalidanti come l’incontinenza o altri prolassi. Il pavimento pelvico adeguatamente rinforzato nel pre intervento migliora invece la tenuta del «contenitore» degli organi dell’addome. Così sarà maggiore la probabilità di successo dell’operazione.

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