Malformazioni congenite urologiche. L’importanza dello screening
«Tutte le donne si sottopongono in genere ad almeno due controlli ecografici durante la gravidanza: uno nel secondo trimestre, la cosiddetta “ecografia morfologica” per lo screening delle malformazioni maggiori, l’altro nel terzo trimestre, la cosiddetta “ecografia di accrescimento”, che serve per valutare lo sviluppo del feto, ma anche per ricontrollare l’anatomia degli organi. Attraverso questo doppio controllo è possibile identificare prima della nascita quelle patologie che riguardano la struttura e spesso anche la funzione degli organi, le cosiddette malformazioni congenite. Tra le malformazioni congenite quelle dell’apparato urinario sono, insieme a quelle del sistema nervoso centrale, le più frequentemente diagnosticate». Chi parla è il dottor Nicola Strobelt, ginecologo. Approfondiamo con il suo aiuto il tema della diagnosi precoce delle malformazioni congenite urologiche (cioè che possono riguardare rene, uretere, vescica, genitali), grazie alla quale oggi è possibile affrontare queste problematiche già durante la gravidanza o quando il bambino è appena nato.
Dottor Strobelt, quanto sono diffuse le malformazioni congenite del tratto urinario?
Circa lo 0.3% dei feti presenta malformazioni congenite del tratto urinario, molte delle quali di lieve entità o comunque assolutamente curabili: più del 70% di queste è riconosciuta grazie alle ecografie di screening prima della nascita. Esiste una netta prevalenza di queste patologie nel sesso maschile. Di fronte alla diagnosi prenatale di una patologia urologica non ci si limita all’esame ecografico, ma in molti casi si procede a indagini genetiche con lo scopo di meglio definire la natura della patologia e le sue conseguenze in termini di prognosi per il nascituro.
Quali sono le patologie che vengono più frequentemente riscontrate?
1. Patologie in cui viene colpito primariamente il tessuto renale, per un difetto primitivo nella sua formazione, come nel caso del rene multicistico, una situazione nella quale il tessuto sviluppa una displasia (anomalia nella struttura di un tessuto che ne condiziona anomalia nella funzione) che impedisce al rene di funzionare correttamente. Spesso colpisce solo uno dei due reni per cui il neonato nasce con un rene sano che gli consente una vita assolutamente normale. Ci sono forme invece, come il rene policistico infantile, determinate geneticamente, nelle quali sono colpiti entrambi i reni e questo è alla base di una malattia già presente fino dalla prima infanzia. Un’altra grave forma bilaterale di patologia è l’agenesia renale bilaterale, ovvero quando i reni non si sono formati; questa condizione causa gravissimi problemi per la sopravvivenza del neonato, innanzitutto per anomala formazione dei polmoni (ipoplasia polmonare) e quindi per difficoltà respiratorie.
2. Patologie in cui i reni si formano correttamente ma vengono danneggiati già nel corso della vita intrauterina da ostruzioni a carico delle vie di escrezione (gli ureteri, l’uretra). È il caso delle uropatie ostruttive (la stenosi del giunto pielo-ureterale, spesso lieve e di ridotto impatto clinico, la sindrome delle valvole posteriori dell’uretra). Queste condizioni determinano un ristagno a monte dell’ostruzione e una sofferenza del tessuto renale che non riesce a scaricare adeguatamente l’urina che viene prodotta. Il riconoscimento prenatale delle uropatie ostruttive è molto importante, perché consente di pianificare in maniera ottimale i controlli post-natali eseguiti dagli specialisti pediatrici e gli eventuali interventi richiesti dopo la nascita, oltre che di eseguire un’adeguata consulenza ai genitori prima ancora che il loro bambino sia nato. Curare queste malattie dopo la nascita nei tempi e nei modi corretti consente di ottimizzare i risultati in termini di qualità di vita e di buona funzione renale.
Ma basta l’ecografia per diagnosticare in modo accurato queste patologie?
L’ecografia resta l’esame cardine per lo screening e la definizione diagnostica di eventuali patologie congenite urinarie. Gli studi di risonanza magnetica fetale hanno evidenziato promettenti potenzialità nel predire la funzione renale in alcune patologie e nell’identificare malformazioni associate nell’ambito di sindromi plurimalformative, andando a indagare altri distretti come il sistema nervoso o il distretto osseo.
Una volta accertata la malattia, si può sottoporre il feto a terapie quando è ancora nell’utero o bisogna aspettare che nasca?
Alcuni casi severi richiedono interventi da eseguire sul feto ancora in utero, attraverso il posizionamento di cateteri che permettono all’urina di scaricarsi direttamente all’esterno del corpo del feto, nella cavità amniotica che lo circonda con il suo liquido. Questo nell’ottica di proteggere il tessuto dei reni dai danni derivante dall’ostruzione e per permettere al feto di accumulare un’adeguata quantità di liquido amniotico. Queste procedure, cioè il posizionamento di shunt vescico-amniotico e di shunt pielo-amniotico, la cistoscopia fetale, vengono eseguite solo in centri di riferimento per la medicina fetale: richiedono il ricovero della gestante, sono procedure invasive gravate da un tasso di complicazioni nel decorso della gravidanza e necessitano d’indicazioni corrette e condivise in un ambito multidisciplinare. I risultati ottenuti fino a ora hanno determinato una sicura protezione dei polmoni fetali nei casi di malattia renale bilaterale con riduzione significativa del liquido amniotico, dati non convincenti rispetto a un miglioramento della funzione renale dopo la nascita (Pluto trial, 2013). In conclusione possiamo dire che queste patologie rappresentino un esempio estremamente efficace di come nel tempo si sia passati dalla semplice diagnosi prenatale a una più complessa medicina fetale: oggi il feto è considerato un paziente che viene inquadrato e a volte anche curato quando è ancora in utero, riceve cure multidisciplinari come un qualsiasi paziente pediatrico. In epoca pre-ecografica molte patologie ostruttive delle vie urinarie risultavano non diagnosticate dopo la nascita, la diagnosi di malattia renale era spesso fatta in età adulta quando il rene aveva già sviluppato un’insufficienza funzionale. Oggi invece la cura delle patologie urologiche, quando non associate ad altre malattie, porta nella maggioranza dei casi a buoni risultati, in termini di funzione renale negli anni successivi e di qualità di vita.
"In mani esperte la maggioranza delle patologie congenite di maggiore gravità viene identificata nel secondo trimestre. Nel terzo trimestre si rivaluta l’anatomia del feto ricontrollando dettagli minimi ma importanti che migliorano l’attendibilità della diagnosi prenatale e l’inquadramento precedente"
Come nasce e si sviluppa l’apparato urinario fetale
La formazione dell’apparato urinario è estremamente complessa: basti pensare che il rene per strutturarsi nell’embrione passa attraverso tre differenti organi precursori (pronefro, mesonefro e metanefro), i primi due dei quali vanno poi in involuzione. La funzione dei reni fetali è fondamentalmente per produrre il liquido amniotico: nel primo trimestre il liquido amniotico è prodotto dalla filtrazione attraverso la membrana amnio-coriale, ma nel secondo e nel terzo trimestre della gravidanza è prodotto soprattutto dal feto attraverso la sua urina (povera di prodotti del metabolismo, perché filtrati ed eliminati dalla placenta). Il liquido amniotico, la cui quantità aumenta gradualmente fino alla 32-33a settimana per poi lentamente ridursi, è fondamentale nel permettere al feto di muoversi, sviluppare le articolazioni, accrescersi in uno spazio libero senza compressioni, sviluppare strutture delicate come quelle del viso. È inoltre essenziale per i polmoni: il feto “respira” il liquido, lo fa entrare e uscire attraverso le vie aeree, permettendo lo sviluppo anatomico e la maturazione del tessuto polmonare. Protegge, infine, il feto nel terzo trimestre e soprattutto durante il travaglio da compressioni dirette sul cordone ombelicale che potrebbero impedire una corretta ossigenazione.
L’importanza dell’approccio multidisciplinare
Nei centri di riferimento per la medicina fetale le diagnosi prenatali di patologia dei reni e delle vie urinarie vengono gestite secondo due princìpi: la gestione perinatale e l’approccio multidisciplinare. Per gestione perinatale s’intende la gestione del feto come paziente già dalla vita intra-uterina, con un attento coordinamento dei controlli prenatali, eventuali interventi fetali, gestione della gravidanza e del parto, assistenza, diagnostica e cure neonatali. Tutti questi passaggi vengono gestiti fin dalla gravidanza da ginecologi, ostetriche, specialisti post-natali, quali il neonatologo e il chirurgo pediatrico, essenziali per l’inquadramento clinico oltre che per la conoscenza e la consulenza con la coppia dei genitori. Altri specialisti danno un contributo molto importante: il genetista per l’inquadramento prenatale e post-natale della patologia, lo psicologo clinico nei casi in cui sia necessario un supporto per la futura mamma o la coppia di genitori.